sabato 3 febbraio 2018

Domenica XVII di Lucadel Dissoluto - 4 febbraio 2018 - San Isidoro pelusiota, San Abramo ieromartire

 Domenica XVII di Lucadel Dissoluto 
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Lettura della Domenica
4 febbraio 2018

Apostolo
I Cor 6, 12- 20

Fratelli, “tutto mi è lecito”, ma non tutto giova; “tutto mi è lecito”, ma io non mi lascerò dominare da nulla. “I cibi sono per il ventre e il ventre per i cibi”, ma Dio distruggerà questo e quelli! Il corpo non è per l’impudicizia, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio, poi, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? Non sia mai! O non sapete voi che chi si unisce a una prostituta forma con essa un corpo solo? I due saranno –è detto- un corpo solo. Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. Fuggite la fornicazione! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori dal suo corpo; ma chi si dà all’impudicizia pecca contro il proprio corpo. O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo! Glorificate dunque Dio nel vostro corpo e nel vostro spirito, che sono di Dio! 

Vangelo
Lc 15, 11- 32

Il Signore ha detto questa parabola: “Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte dei beni che mi spetta. E il padre divise fra loro il patrimonio. Dopo non molti giorni, il figlio minore raccolse le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze, vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese ci fu una forte carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quel paese, che lo mandò nelle sue campagne a pascolare i porci. Avrebbe voluto sfamarsi con le carrube che mangiavano i porci, ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e pensò: Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te, non sono più degno di essere chiamato figlio tuo. Trattami come uno dei tuoi garzoni! Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide e si commosse, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo coprì di baci. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te, non sono più degno di essere chiamato figlio tuo. Ma il padre disse ai suoi servi: Presto, portate qui il vestito più bello, e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, macellatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore era in campagna. Al ritorno, quando fu vicino casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e s’informò di cosa stesse accadendo. Quello gli disse: Tuo fratello è tornato e tuo padre ha macellato il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si indignò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e mai mi hai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha dissipato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me, e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.

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